decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (in SO 167/L alla GU 1 settembre 1998, n. 205)
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (in SO
n. 163/L della GU 30 agosto 1999, n. 203)
Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo
1997, n. 59
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 281
Disposizioni in materia di trattamento dei dati personali per finalità storiche,
statistiche e di ricerca scientifica
circolare 30 luglio 1999, n. 187
Applicazione dellart. 29, commi 2 e 3, della legge 23 dicembre 1998, n.448
Decreto ministeriale 8 aprile 1999, n. 93
legge 30 luglio 1999, n. 256
Conversione in legge del Decreto Legge 17 giugno 1999, n. 178
01 - 29 luglio Scuola e Parlamento
I lavori di Camera e Senato sono sospesi per la pausa estiva e riprenderanno a settembre.
Il Documento di programmazione economico-finanziaria per gli
anni 2000-2003 è al dibattito in Aula, alla Camera ed al Senato, nei giorni 26-29
luglio 1999.
Il 29 luglio la Camera approva la risoluzione di maggioranza sul DPEF: la
manovra finanziaria del 2000 sarà di 15.000 miliardi.
La 7a Commissione del Senato esamina:
La 7a Commissione Istruzione della Camera affronta:
01 - 29 luglio Contrattazione
Sempre il 29 luglio l'11a Commissione della Camera, in sede legislativa, approva definitivamente il DdL 5974 AC (Valorizzazione del Personale della Scuola) che autorizza la spesa di 2.700 miliardi (800 nel 1999, 900 nel 2000 e 1.000 nel 2001) "nel quadro degli interventi volti a valorizzare la funzione e l'impegno professionale del personale della scuola per la piena attuazione dell'autonomia scolastica, nonché all'individuazione ai sensi dell'articolo 21, comma 16, della legge 15 marzo 1997, n. 59, di nuove funzioni e figure professionali del personale docente".
Il 29 luglio 1999 MPI e OOSS (CGIL, CISL, UIL e SNALS) siglano il contratto integrativo del comparto scuola: il testo viene presentato alla stampa alle ore 17,30 presso il Ministero della PI.
Questi alcuni degli elementi previsti dal contratto integrativo del comparto scuola:
Nella stessa data le parti stringono anche un accordo sulla sequenza contrattuale prevista dall'art. 44 del CCNL 26 maggio 1999 del comparto Scuola.
Di seguito la dichiarazione congiunta MPI - OOSS:
La positiva conclusione del contratto integrativo, che si realizza a soli due mesi dalla stipula del CCNL, oltre che ad adempiere tempestivamente ad un impegno, consente di mettere a disposizione dei personale e delle scuole il quadro completo degli istituti contrattuali e delle risorse in tempo utile per l'avvio del nuovo anno scolastico.
Essa, inoltre, conferma la validità del sistema delle relazioni sindacali fra Governo e Parti Sociali e testimonia ulteriormente che la qualità delle relazioni sindacali nel comparto dell'istruzione è condizione imprescindibile per la realizzazione di obiettivi innovativi e di qualità.
In una fase caratterizzata da importanti innovazioni sul versante scolastico il ruolo del personale, la qualità del suo intervento e, conseguentemente, degli strumenti normativi ed economici di sostegno, all'attività che si svolge nelle scuole, diventano condizione per la realizzazione qualificata di questi processi, che costituiscono un investimento strategico per il futuro del nostro Paese e per un'integrazione europea qualificata.
In questa direzione con il contratto nazionale e con il contratto integrativo si consolida ulteriormente una scelta politica condivisa fra le parti e l'impegno ad investire in modo qualificato sul personale della scuola.
Questi impegni, impongono di investire in termini economici e finanziari su questo settore per sostenere e ampliare ulteriormente gli spazi definiti contrattualmente e per accompagnare in modo qualificato i processi riformatori in atto o in corso di definizione.
In questa direzione, il piano pluriennale delle attività per una offerta integrata di istruzione e formazione (Master Plan), sottoscritto dalle parti sociali il 22 luglio scorso, costituisce un risultato rilevante e condiviso di programmazione della politica di riforma dell'istruzione e della formazione.
L'impegno del Governo contenuto nel DPEF relativamente all'istruzione, nel quale si rissa l'obiettivo di una "... ulteriore valorizzazione del ruolo dei docenti e dei dirigenti scolastici.", rappresenta un punto importante di attenzione alle politiche del personale.
L'azione riformatrice impostata dal Governo ha fra le sue conseguenze anche un più razionale impiego delle risorse e la possibilità di qualificare la spesa rispetto agli attuali stanziamenti.
In questo quadro, MPI e OO.SS. ribadiscono l'impegno a destinare al sostegno delle politiche per il personale le risorse che si renderanno disponibili, sia per gli istituti definiti contrattualmente che per quelli indicati nei punti che seguono.
La valorizzazione di tutto il personale della scuola, la necessità di investimenti e di un riutilizzo delle risorse all'interno del comparto, accanto alle necessarie ricadute di carattere retributivo, deve realizzare anche altri aspetti che hanno un carattere di urgenza.
1) Considerato il rilievo strategico che la formazione in servizio del personale ha assunto nella definizione del CCNL e del contratto integrativo la necessità di ampliare questo strumento per realizzare efficacemente i processi innovativi in atto e valorizzare le competenze del personale, le parti convengono sulla necessità di ampliare le risorse economiche attualmente disponibili. A tal fine l'attuazione del Master Plan su istruzione, formazione e ricerca dovrà realizzare questo obiettavo, con l'impegno di rendere disponibile una quota pari all'1% della spesa per il personale come sottoscritto nel patto sociale del dicembre scorso. Inoltre dovranno essere attivate le necessarie iniziative per utilizzare i fondi che l'Unione Europea rende disponibili per i progetti di qualificazione del personale in servizio presso le istituzioni degli stati membri.
2) Una più precisa definizione, di intesa fra MPI e Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, delle residue norme di attuazione della formazione iniziale universitaria del personale della scuola (Legge 341/90) e l'avvio di un attento monitoraggio della attuazione delle misure già definito. A questo proposito anche per affrontare tutti gli aspetti relativi al personale comandato nelle università le parti convengono di istituite un tavolo di confronto specifico fra Organizzazioni Sindacali di categoria commissorie mista MPI/MURST per la attuazione della citata legge.
Per quanto riguarda il completamento o l'arricchimento dei percorsi di laurea del personale in servizio, in considerazione degli obiettivi previsti all'interno delle norme contrattuali, il Ministro della Pubblica Istruzione si impegna ad avviare un confronto con il Ministro dell'Università per quanto riguarda la definizione di condizioni di sostegno, e di facilitazione relativamente alle modalità di accesso, ai costi derivanti dall'iscrizione e frequenza e per la definizione di un sistema di crediti che tenga anche conto delle competenze acquisite nello svolgimento dell'attività scolastica. Inoltre, le parti convengono sulla necessità di aprire un tavolo con il Ministero dell'Università e la CRUI per affrontare tutte le problematiche relative all'avvio dei corsi per la formazione universitaria dei docenti.4) Per quanto riguarda gli impegni assunti alla firma del CCNL in materia di benefit per il personale, volti a contenere e riconoscere le spese individuali sostenute per la formazione professionale e per l'arricchimento culturale, le parti li riconfermano con l'obiettivo di completare gli interventi legislativi già avviati e di individuare nella predisposizione della Legge Finanziaria prime risorse utili.
A conclusione infine della trattativa per la sottoscrizione dei contratto integrativo del comparto, il Ministro della Pubblica Istruzione e i sindacati scuola CGIL, CISL, UIL e SNALS concordano sulla necessità di operare rapidamente per introdurre una significativa semplificazione della normativa, allo scopo di garantire una più facile conoscenza delle disposizioni che si rivolgono ai singoli lavoratori e per snellire l'attività amministrativa anche in vista dell'attribuzione alle scuole di nuove competenze, con il progressivo consolidarsi del processo di autonomia scolastica e della riforma dell'Amministrazione centrale e periferica.
Pertanto viene contestualmente costituito presso il Ministero della Pubblica Istruzione, anche in applicazione delle norme sullo snellimento burocratico e sulla mobilità contenute nel CCNL un gruppo di lavoro misto con l'obiettivo prioritario di snellire e semplificare le disposizioni sulla mobilità.
Al momento dell'avvio dei lavori, che avverrà il 1 settembre 1999, verrà definito il quadro completo delle materie sulle quali intervenire e, conseguentemente, verranno programmati i lavoratori.
Dato il rilievo che le parti attribuiscono all'obiettivo della semplificazione della normativa, per l'attività del gruppo di lavoro misto, l'Amministrazione fornisce tutti gli strumenti e le collaborazioni necessarie e sarà oggetto di periodica valutazione fra le parti lo stato di avanzamento dei lavori.
L'incontro del 26 luglio 1999, che nelle previsioni avrebbe
dovuto portare alla sigla del contratto integrativo, si è concluso con un nulla di fatto.
Gli incontri proseguiranno nei prossimi giorni in vista di un possibile accordo da
definirsi prima della pausa estiva.
Proseguono gli incontri fra le OOSS della Scuola e l'ARAN per la stipula del contratto integrativo nazionale applicativo del CCNL-Scuola del 26 maggio 1999.
Questi gli incontri previsti per il mese di luglio:
Il 20 luglio, nel corso di un incontro con le OOSS, il MPI ha consegnato uno schema di decreto sul passaggio del personale ATA in servizio nelle scuole statali, dipendente dai comuni e dalle province, alle dipendenze dello Stato: il testo è stato contestato dalle OOSS ed il confronto è stato rimandato ad una prossimo incontro.
Firmato l'1 luglio il CCNL Scuola Agidae 1998/2001.
Nella sezione Accordi, Contratti, Pareri, Sentenze di Educazione&Scuola:
09 - 29 luglio TFR e Fondo Integrativo
Il 29 luglio ARAN e OOSS firmano il contratto collettivo quadro per l'adeguamento delle norme contrattuali in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti pubblici dei comparti e delle autonome aree di contrattazione.
Il 9 luglio il Consiglio dei Ministri esprime parere favorevole al contratto collettivo quadro per l'adeguamento delle norme contrattuali in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti pubblici dei comparti e delle autonome aree di contrattazione, firmato, il 2 giugno us, da ARAN e OOSS: destinati 200 miliardi ai fondi pensione.
Sul tema si veda la rubrica di Educazione&Scuola:
05 - 29 luglio Parità, Cicli e Riforme
Il Consiglio dei Ministri il 29 luglio 1999 vara in via definitva i decreti legislativi sulla Riforma della Presidenza dei Ministri e sulla Riforma dei Ministeri.
Previsti:
Questa la struttura delle modifiche proposte (che andranno in vigore con la prossima legislatura):
Attuale Legislatura | Prossima Legislatura |
Interno | Interno |
Affari Esteri | Affari Esteri |
Giustizia | Giustizia |
Difesa | Difesa |
Beni culturali | Beni e Attività culturali |
Agricoltura | Politiche Agricole e Forestali |
Tesoro-Bilancio Finanze |
Economia e Finanze |
Industria Commercio estero Comunicazioni |
Attività produttive e Comunicazioni |
Ambiente Lavori pubblici |
Ambiente e Tutela territorio |
Lavori pubblici Trasporti e Navigazione Dipartimento Aree urbane Dipartimento Servizi Tecnici Nazionali |
Infrastrutture e Trasporti |
Lavoro Sanità Dipartimento della Solidarietà Sociale |
Lavoro, Salute e Politiche sociali |
Pubblica Istruzione Università |
Istruzione, Università e Ricerca |
Di seguito un estratto del Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 55 del 29 luglio 1999:
Il Consiglio ha approvato in via definitiva i decreti legislativi - previsti dall'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 - relativi al riordinamento della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri, nonché di strutture connesse. I decreti recepiscono integralmente, salvo limitate e motivate eccezioni, gli indirizzi formulati dalla speciale Commissione bicamerale e tengono conto delle osservazioni delle Conferenze Stato-Regioni e Unificata. Inoltre le Organizzazioni sindacali sono state sentite per i riflessi sullo stato giuridico dei pubblici dipendenti e sull'organizzazione del lavoro.
La riforma della Presidenza del Consiglio risponde ad una esigenza generale di carattere strategico: disegnare una Presidenza moderna e coerente con il ruolo costituzionale di direzione, impulso, indirizzo e coordinamento da parte del Presidente del Consiglio. Tale ruolo viene riletto e ridefinito alla luce dei grandi cambiamenti istituzionali che l'ordinamento italiano ha conosciuto negli ultimi anni, sia per quanto riguarda il sistema politico, tendenzialmente bipolare, sia per quanto riguarda più strettamente l'assetto complessivo del Governo, in ragione del processo di integrazione europea e del processo di decentramento di funzioni e compiti al sistema delle autonomie locali. In questo assetto, sempre più europeo e sempre più decentrato, la nuova allocazione e dislocazione dei poteri e delle funzioni richiede la ridefinizione e riarticolazione del centro del sistema stesso, in modo da assicurare l'unitarietà dell'azione di Governo, la collaborazione fra i diversi livelli, l'assunzione piena delle responsabilità connesse alla partecipazione all'Unione europea.
In tutti gli ordinamenti degli altri Paesi europei, che peraltro hanno sistemi istituzionali e politici differenziati, questo ruolo centrale è svolto dal Primo Ministro e dai suoi Uffici, organizzati come strutture di staff specializzate non nella gestione operativa e amministrativa, ma in attività di progettazione, elaborazione, impulso, promozione, coordinamento e caratterizzate dalla massima flessibilità per gli aspetti organizzativi e funzionali.
La riforma della Presidenza del Consiglio costituisce una parte della modernizzazione del sistema di Governo nel suo complesso, già definita, sul piano normativo, per quanto riguarda i trasferimenti di funzioni alle regioni e agli enti locali.
L'impianto della riforma è volto quindi a realizzare le condizioni più idonee ad assicurare, come richiede la legge di delega, l'unità di indirizzo politico e amministrativo del Governo e il potenziamento del ruolo di impulso, indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio. Al fine di conseguire tale obiettivo il decreto interviene su tre aspetti:
- l'individuazione delle funzioni tipiche e proprie della Presidenza;
- la riallocazione presso Amministrazioni di settore delle funzioni eterogenee o spurie rispetto al profilo funzionale della Presidenza;
- la determinazione delle regole di organizzazione e di funzionamento necessarie per garantire la massima flessibilità e funzionalità della struttura complessiva.
Il secondo decreto legislativo disciplina la riforma dell'Amministrazione centrale. La legge di delega 15 marzo 1997, n.59, ha previsto un programma di riforme ampio e unitario, all'interno del quale il conferimento di funzioni dallo Stato alle regioni e agli enti locali, la riforma dell'Amministrazione centrale e periferica dello Stato e la ridefinizione delle regole essenziali dell'attività amministrativa e del rapporto tra cittadini e amministrazione sono strettamente collegati. Il Governo ha già dato attuazione, con i decreti delegati di conferimento di funzioni e di riordino del sistema dei controlli e con i regolamenti di semplificazione adottati negli ultimi due anni o in corso di approvazione, ad una parte significativa e rilevante del programma complessivo di riforme e completa ora il processo con il decreto delegato sulla riforma dei Ministeri.
La nuova organizzazione del Governo prevede accanto ai tradizionali Ministeri d'ordine - Affari Esteri, Interno, Giustizia, Difesa - l'istituzione di due Ministeri economici: il Ministero dell'Economia e delle Finanze, che accorpa i Ministeri del Tesoro e delle Finanze; il Ministero delle Attività Produttive e delle Comunicazioni, che accorpa i Ministeri dell'Industria, delle Comunicazioni e del Commercio con l'Estero; due Ministeri del Territorio: il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che accorpano in due strutture i Ministeri dell'Ambiente, dei Lavori Pubblici e dei Trasporti e della Navigazione, oltre al Dipartimento delle Aree Urbane e al Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri; un unico Ministero che si occupa del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, che unifica il Ministero della Sanità, il Ministero del Lavoro e il Dipartimento della Solidarietà Sociale presso la Presidenza del Consiglio; un Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca che unifica i Ministeri della Pubblica Istruzione e dell'Università e della Ricerca; un Ministero per i Beni e le Attività Culturali e un Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Il decreto delegato interviene su quattro ambiti fondamentali:
a) definisce il numero e le missioni dei Ministeri, quali risultano sia dalle operazioni di riordino, mediante accorpamento e fusione, sia dalle operazioni di razionalizzazione, mediante trasferimento di funzioni o di blocchi di funzioni oggi disperse e frammentate;
b) stabilisce le norme generali di organizzazione per quanto riguarda i Dipartimenti, il Segretario generale, gli Uffici di diretta collaborazione con il Ministro, le Agenzie e l'Amministrazione periferica;
c) definisce il tipo di articolazione organizzativa di ciascun Ministero, distinguendo fra quelli articolati in Dipartimenti e quelli articolati in Direzioni generali e rinviando alla fonte regolamentare, secondo le indicazioni della legge di delega e della Commissione bicamerale per la riforma amministrativa, l'istituzione dei Dipartimenti e delle Direzioni generali e l'individuazione dei compiti ad essi specificamente attribuiti;
d) individua ed istituisce le Agenzie che derivano, sulla base della legge di delega, dalla soppressione o dall'accorpamento di strutture ministeriali e di altre strutture pubbliche.
Per quanto riguarda il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, così come è configurato dal parere della Commissione parlamentare, nonché la unificazione in un unico Ministero dei settori del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, si ritiene che sarà possibile approfondire l'esame di eventuali modifiche in sede di adozione di decreti legislativi correttivi e integrativi previsti dalla delega. In quella occasione il Governo potrà riaprire un confronto con il Parlamento.
Il decreto reca altresì una disposizione di salvaguardia per le attribuzioni delle Regioni e delle Autonomie locali, in quanto viene precisato che in nessun caso le norme contenute nel decreto legislativo possono essere interpretate nel senso di attribuire allo Stato funzioni e compiti trasferibili , delegati o ancora da conferire alle Regioni e agli enti locali dalla legislazione vigente ed in attuazione della legge 15 marzo 1997, n.59.
Funzionalmente connessi con il riordino della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri, sono stati poi approvati quattro decreti legislativi, sempre in attuazione delle deleghe di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59, e con l'acquisizione dei prescritti pareri istruttori, concernenti:
1) il riordino della Scuola superiore della P.A., con l'obiettivo di disciplinare e potenziare la formazione iniziale, permanente e internazionale, il supporto tecnico (con il Formez) ai temi dell'innovazione amministrativa, la valutazione dei programmi formativi delle Amministrazioni, lo svolgimento di attività per conto terzi, il ruolo del Direttore, del Segretario e dei responsabili di settore, il raccordo funzionale con il Dipartimento della Funzione Pubblica, la qualificazione professionale dei pubblici dipendenti, con particolare riguardo al personale del Tesoro e dei Beni Culturali;
2) il riordino del Formez, rafforzandone il ruolo di coordinatore del sistema formativo (anche in attuazione degli impegni sanciti nel Patto per lo sviluppo) sulla base di un partenariato istituzionale con la Scuola superiore e coinvolgendo gli enti interessati (Regioni e Autonomie locali). Particolare attenzione è dedicata all'attività del Formez intesa a promuovere lo sviluppo economico e occupazionale in ambito locale;
3) il riordino ed il potenziamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle Amministrazioni pubbliche.
Il nuovo sistema di valutazione prefigurato dal decreto, che costituisce un necessario corollario del processo di modernizzazione dell'apparato statale, è finalizzato a conferire maggiore snellezza ed efficacia all'azione amministrativa (sempre più orientata al servizio della collettività), attraverso la previsione di tecniche gestionali coerenti con il nuovo modello organizzativo e di lavoro delle strutture pubbliche. In particolare, le Amministrazioni dovranno dotarsi di strumenti adeguati per:
- garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile);
- verificare l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controlli di gestione);
- valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza);
- valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione di piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico).
Specifiche disposizioni sono dedicate ad assicurare il miglioramento della qualità dei servizi pubblici ed alle carte dei servizi;
4) il riordino della Cassa depositi e prestiti per il tramite di una nuova disciplina della natura giuridica, dei compiti, delle risorse e relativi impieghi, del personale e dei controlli.
Riportiamo di seguito il testo della dichiarazione congiunta MPI - PCM - Dip. FP - OOSS sulla Riforma del MPI:
DICHIARAZIONE CONGIUNTA MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE - PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA - ORGANIZZAZIONI SINDACALI SULLA RIFORMA DEL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE.
Le Organizzazioni sindacali auspicano il consolidarsi di una metodologia di confronto e di dialogo per lavvio della riforma e dellattuale percorso di riordino del Ministero della Pubblica Istruzione, che impegna lAmministrazione ad ulteriori momenti di confronto e di concertazione sui successivi passaggi che seguiranno allemanazione del decreto legislativo e condividono le motivazioni a procedere in tempi stretti e nellambito dei provvedimenti delegati allattuazione della legge 59/97. Le parti sindacali giudicano il progetto di riordino presentato, che complessivamente condividono, coerente con le indicazioni fornite dal decreto legislativo n.112/98, capo 3 - Istruzione Scolastica.
Le parti concordano
- Sulla necessità di realizzare un nuovo sistema dellAmministrazione scolastica che garantendo lunitarietà del sistema pubblico di istruzione sia coerente con il processo di autonomia.
- Sulla opportunità di articolare lAmministrazione periferica in modo da renderla funzionale da un lato alla realizzazione della piena autonomia delle istituzioni scolastiche, dallaltro a garantire interlocuzioni adeguate con le istanze territoriali cui, in base al decreto legislativo 112, sono delegate importanti funzioni sulla programmazione dellofferta formativa e di raccordo fra formazione e mercato del lavoro. In tal senso la scelta di articolare lAmministrazione in strutture regionali con incarico di funzioni dirigenziali dotate di poteri decisionali e di spesa trasferiti dal livello centrale, rafforza il necessario dialogo concertativo fra Regioni e Amministrazione; larticolazione inoltre di servizi a livello provinciale o sub provinciale in connessione con la soppressione dei Provveditorati con funzione di consulenza, supporto tecnico alle scuole, governo dei processi di mobilità del personale per quanto non di competenza delle singole istituzioni scolastiche, in considerazione della dimensione provinciale dei ruoli del personale docente e ATA, conferma la natura di una Amministrazione periferica come struttura servente la vita e il funzionamento delle singole istituzioni scolastiche. Si conviene sulla necessità, al fine di realizzare la nuova articolazione di strutture e servizi, di coinvolgere le organizzazioni sindacali ai sensi dellart.19 della Legge 59/97 e del CCNL.
- Sulla necessità di attuare processi di riconversione professionale, utilizzando anche gli strumenti previsti dal nuovo CCNL, con particolare riferimento alla contrattazione integrativa e alle sue competenze in materia di individuazione di nuovi profili e diversa ricollocazione di quelli esistenti nelle aree.
- Sullesigenza di elaborare un piano di investimento anche finalizzato a reperire risorse di destinare al raggiungimento di tali obiettivi.
- Che ferma restando la ricollocazione di tutto il personale in servizio nellambito dei nuovi assetti, sarà necessario individuare, mediante specifico accordo, apposite modalità di ricollocazione del personale degli uffici soppressi.
- Sulla centralità delle questioni attinenti alle strutture informatiche, e di conseguenza, allutilizzo delle moderne tecnologie nella gestione delle funzioni istituzionali a partire dalla valorizzazione delle professionalità esistenti.
- Sulla rilevanza dei servizi amministrativi nelle scuole autonome rispetto al funzionamento dellinsieme del sistema tenendo conto che il nuovo modello organizzativo dellautonomia basato sullunità dei servizi scolastici, sulla loro possibile organizzazione a rete e sulla relativa funzione di direzione, va realizzato con adeguate risorse di personale in rapporto al decentramento delle competenze.
- In relazione al riordino degli IRRSAE nonché allistituzione dell"Istituto Nazionale di documentazione per linnovazione e la Ricerca Educativa" e dell'"Agenzia Nazionale per la Valutazione del sistema dellIstruzione", che il contratto di lavoro del personale dipendente dai succitati Enti, sia necessario che rimanga nellambito della Funzione Pubblica e di conseguenza nello schema di regolamentazione del decreto legislativo 29/93.
Il 23 luglio si svolge in aula, alla Camera, la discussione sulle linee generali del testo unificato dei DdL sul Riordino dei Cicli Scolastici (DdL AC 4, 280, 1653, 2493, 3390, 3883, 3952, 4397, 4416, 4552): il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Riportiamo di seguito un estratto dei verbali della seduta della Camera del 23 luglio relativo all'intervento del ministro della PI:
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, colleghi, la discussione che si è svolta questa mattina ha mirato a cogliere l'importanza del provvedimento che stiamo esaminando; tuttavia, ha rivelato l'esistenza di opinioni molto diverse e quindi di una contrapposizione tra la maggioranza e l'opposizione piuttosto radicale sul provvedimento stesso. Il Governo non può che dolersene perché si tratta di un provvedimento rilevante che riguarda la collettività nazionale. L'auspicio sarebbe stato quello di raggiungere momenti di avvicinamento, se non di consenso totale, su un tema così delicato. Questo è stato fin dall'inizio nell'auspicio del Governo, come è dimostrato tra l'altro da una circostanza non assolutamente secondaria: il fatto, cioè, che il testo oggi all'esame della Camera differisce, in molti aspetti anche se non nella ispirazione, da quello presentato dal Governo più di due anni fa e anticipato dal Governo stesso - come veniva ricordato per esempio dal collega Malgieri - attraverso un documento sottoposto alla discussione delle scuole italiane fin dalla fine del 1996. Non si può dire che di questo argomento non si sia discusso; mi sembra difficile poterlo affermare. (...)
E tale testo sembra essere al momento attuale il punto di approdo di un lavoro che, vertendo su questa materia, era iniziato una trentina di anni fa in questo Parlamento e su di essa si era continuato a discutere. Esiste una letteratura sull'argomento e voluminosi atti parlamentari! Il Governo è del parere che, ad un certo punto della vita parlamentare di un problema, vi sia poi la necessità di giungere ad una decisione. In questo caso - certo - l'ultimo testo ha in sé degli elementi di novità, ma io penso che si possa dare atto al Governo della circostanza di avere favorito l'evoluzione del suo testo originario, di non averla ostacolata e di aver dichiarato da subito una disponibilità persino ad una sua rielaborazione. Questo non può essere letto quindi sicuramente come un atteggiamento di scarso ossequio al ruolo insostituibile del Parlamento!
È stato obiettato che nel disegno complessivo delle riforme della scuola (io amo usare il plurale a questo proposito, non il singolare e dico quindi «delle riforme della scuola») mancherebbe una organicità (...).
Eppure io credo che il nostro mosaico stia oggi apponendo le sue ultime tessere e che, quindi, noi possiamo giungere ad un recupero di organicità, semmai ex post dal punto di vista dell'operazione fisica, ma resta il disegno nella sua organicità, resta una sua ispirazione di fondo che, probabilmente, nel modo di vivere dei parlamenti contemporanei è diverso da quello di altri tempi in cui si legiferava con una scarsa reattività parlamentare, come ha accennato, in qualche misura, la relazione di maggioranza, e quindi con una maggiore facilità di organicità da questo punto di vista.
Noi abbiamo pensato che fosse giusto che nell'era contemporanea l'attività di legislazione fosse ridotta alla sua essenzialità. C'è una intera letteratura giuridica che ci dice questo. C'è anche una presa di posizione di diversi gruppi politici che quando parlano di legislazione continuano a dire che bisogna disboscare la giungla legislativa e poi, quando operano in concreto in Parlamento tendono invece a rinfoltire il bosco legislativo. Anche qui è opportuno, forse, raggiungere coerenza con le petizioni di principio e poi con il comportamento.
Noi preferiamo leggi essenziali che non hanno deleghe in sé stesse. (...)
Preferiamo leggi essenziali in un'opera di delegificazione che vede impegnata in questo momento la cultura legislativa contemporanea, ma soltanto a livello di petizioni di principio.
Voglio rivendicare all'idea del riordino dei cicli scolastici un suo valore strategico.
Noi abbiamo ereditato una grande scuola, non l'ho detto solo a Soverato, lo ripeto ovunque (...), che ha primeggiato, soprattutto per la scuola elementare, e che continua a primeggiare nella scuola elementare. Negli interventi che fanno la descrizione, ormai un po' invecchiata, delle cifre della crisi del nostro sistema scolastico e che vengono ripetute in modo tralatizio, non si fa giustizia del fatto che noi, in materia di scuole di base, dell'infanzia e delle elementari, primeggiamo nel mondo, ma c'è una ragione per cui ciò avviene, perché una scuola elementare, che è stata una grande scuola, è riuscita ad iniziare a rinnovarsi più di una volta. (...)
La scuola elementare è diventata ancora oggi una buona scuola elementare perché è riuscita a cambiare sé stessa, e anche profondamente, perché la legge n. 148 è stata una innovazione radicale. La scuola secondaria non ha raggiunto gli stessi livelli di aggiornamento e di cambiamento, è rimasta più statica, e per questo ha subito un processo di crisi più profondo.
Quello che noi vogliamo fare adesso è di intervenire in una visione sistemica complessiva della scuola (il riordino dei cicli ha questo significato) proprio per evitare che anche quegli elementi di novità introdotti rischino, essi stessi, l'invecchiamento, e per introdurre elementi di novità proprio anche in quei settori che ne valorizzino appieno tutte le attuali vere novità e potenzialità.
È vero, io rivendico non il linguaggio di quel documento, ma la sostanza, quando si parlava di vetustà di una scuola organizzata per ordine e gradi (ed è giusto!), e una maggiore flessibilità. Rivendico, nell'articolo 1 del testo in esame, il richiamo ai ritmi di sviluppo dei bambini e dei ragazzi: un concetto di non linearità dello sviluppo, di non semplicistico passaggio dal semplice al complesso nell'apprendimento, che non ha caratterizzato la forza della scuola elementare, la quale non è stata per questo elemento minore. Essa peraltro non è stata forte soltanto in quanto ha posto l'apprendimento al centro dell'attività, poiché nella nostra scuola al centro dell'attività vi è stato l'apprendimento nella scuola elementare e l'insegnamento nella scuola secondaria. Questa scissione, che è dentro la scuola, oggi pesa nel complesso del sistema non positivamente, perché non si è riusciti a generalizzare il successo ottenuto nella componente primaria.
In che cosa consiste la novità di una scelta di riordino dei cicli scolastici, di superamento di tre cicli, compresi gli altri due che si sommano a quello precedente e quello successivo nella scuola propriamente, più specificamente detta? Consiste soprattutto nella considerazione che i cicli più lunghi, rispetto a quelli più brevi, hanno in sé intanto strutturalmente un elemento di flessibilità, che consente di accompagnare in modo morbido e pregnante i ritmi di sviluppo e di evitare le cesure che rappresentano il peso di un'impalcatura architettonica scolastica sull'evoluzione dei singoli individui all'interno della scuola.
Anche la cadenza biennale è più morbida e capace di recupero di quanto non sia la cadenza annuale (...)
I cicli più lunghi, sia per quanto riguarda la cadenza, sia per quanto riguarda l'impianto strutturale, costituiscono una struttura più sensibile alla lotta alla dispersione, che più di altre rende possibile il recupero e la capacità di accumulo di crediti che abbiano un effetto capace di svilupparsi anche successivamente. È per questo che noi, attraverso la proposta di due cicli (parlo ora del momento più specificamente scolare tradizionale), crediamo di avere introdotto una novità profonda, radicale, organica di autoimpianto culturale, che sarebbe sbagliato sminuire.
Tutto è perfettibile, anche in sede di esame in Assemblea, ne sono convinto, come è stato perfettibile in questi due anni e mezzo, nei quali il testo è cambiato spessissimo nelle sue formulazioni, per capacità di ascolto dei suoi relatori. Si incalzi quindi ancora, magari in modo leggermente urbano, ma non si perda il senso profondo, culturalmente elevato di questo impianto, che è sbagliato sminuire e svilire, non fosse altro che per l'essenzialità del suo linguaggio e per la pregnanza delle poche righe in cui un concetto viene espresso, a differenza dalla verbosità tradizionale della legislazione italiana, che spesso è aumentata di peso fisico e non di peso intellettuale. Come si può considerare di scarso momento il fatto che per la prima volta, nella struttura normativa di questo paese, quello che è forse il gioiello di famiglia della nostra scuola, la scuola per l'infanzia, che ha raggiunto la maggiore risonanza internazionale, acquisti oggi piena dignità? Certo, vi è stata anche la legge istitutiva della scuola materna statale, ma in un modo, se mi permettete, ancora disarticolato, forse ancora gerarchizzato, come era in passato tutta la struttura del nostro impianto. Oggi, invece, acquista non solo pieno titolo, ma viene recepito un principio e, certo, non si tratta di quello originario dell'obbligo. (...)
Si tratta del principio della generalizzazione, al fine di portare a compimento un obiettivo che già, nei fatti, è parzialmente realizzato e che costituisce un punto di civiltà del nostro sistema. Come non comprendere allora la novità dell'impianto del ciclo primario, del primo ciclo, del ciclo di base, o come vorremo chiamarlo? Capisco che talvolta le novità stordiscano, ma ciò che conta è l'idea di introdurre un principio fondamentale, vale a dire il passaggio dal momento primario a quello dell'iniziale secondarizzazione, senza traumi, senza una cesura netta, senza una distinzione imputata prevalentemente all'assetto corporativo del corpo insegnante che, invece, vogliamo esaltare proprio attraverso tale passaggio interno ed una mobilità interna.
Si tratta di principi di flessibilità che non mirano a scardinare, ma ad accompagnare un processo e a utilizzare - come si dice nell'ultimo articolo - tutte le specificità professionali acquisite portandole alla loro reale ottimizzazione. Ecco un altro elemento di alto rilievo culturale; si può contestare, ma nessuno vuole buttare alle ortiche o a mare per dire «c'era una volta la scuola elementare», così come è stato detto. Non la si vuole affatto buttare a mare, ma solo prevedere che, nel momento in cui si passa dall'infanzia alla preadolescenza, certamente una delle fasi più delicate, il passaggio dalla conoscenza degli ambiti disciplinari al momento della formalizzazione dei saperi, della segmentazione disciplinare, al momento di un'epistemologia più evoluta, si introduca una gradualità che ci possa consentire di ammortizzare l'esistenza di un'architettura esterna rigida, a fronte di una capacità di sviluppo differenziata che va rispettata. Tale accompagnamento morbido avrà sicuramente, se ben realizzato - perché tutto è affidato alla buona realizzazione - un effetto straordinario per la scuola dell'infanzia, anche nell'ottica del recupero delle capacità differenziate, quindi di prevenzione di fronte al rischio della dispersione successiva.
L'introduzione degli elementi di didattica orientante può aver luogo anche nel secondo momento, nel rapporto fra il primo e il secondo ciclo, attraverso un secondo atto di ammortizzazione dei rischi della rottura, vale a dire della parte più rilevante del fenomeno della dispersione.
Tuttavia, abbiamo voluto che vi fosse un elemento di conservazione e, in questo senso abbiamo resistito caparbiamente, in particolare taluni di noi. (...) abbiamo voluto conservare un elemento del passato: la durata quinquennale del secondo ciclo. Vi sono state anche altre proposte, in qualche misura correlate ad altri esempi internazionali, quindi non voglio dire che sia giusto o sbagliato, ma solo che vi è un elemento di salvaguardia della nostra tradizione. Abbiamo voluto conservare i cinque anni della scuola secondaria e lo abbiamo voluto fare per conservare l'unitarietà del quinquennio nel momento in cui si inseriva un cuneo che pur comportando dei rischi, è necessario: il prolungamento dell'obbligo anche ai primi due anni della scuola secondaria. Dunque, con un elemento di rischio, di disarticolazione. Ma la scuola secondaria in Italia si è sempre articolato nel biennio e nel triennio e ciò è anche aulicamente dimostrato dalla nomenclatura «ginnasio» e «liceo». Oggi, tuttavia, l'inserimento del prolungamento dell'obbligo al primo biennio avrebbe potuto costituire un elemento di disarticolazione, specialmente se invocato nei termini dell'unicità del biennio, che io considero assurda perché fortemente selettiva e di classe, anche se ammantata di sinistrismo, di assurdo sinistrismo. L'abbiamo combattuta con coraggio nei confronti di una tradizione sbagliata - lo abbiamo detto apertamente -, perché noi vogliamo che nel liceo classico si continui ad insegnare il greco dal primo dei cinque anni. (...)
Lo abbiamo affermato con energia, non solo a Soverato, ma da tutte le parti e lo affermeremo nella prossima stagione, quando si riparlerà dei saperi, ma non si può imporre il greco a tutti, né si può imporre a tutti di non studiare il greco.
A tale riguardo, l'elemento di flessibilità che abbiamo introdotto nell'articolazione del biennio e del triennio, per salvare in qualche misura un elemento di semiterminalità per l'obbligo entro il quinquennio, ha costretto a conservare tale impianto e a rinnovarlo profondamente, aggiungendo un altro elemento fondamentale, quello della terminalità per tutti gli indirizzi del quinquennio, che in passato non c'era. Infatti, prima vi era una scuola gerarchizzata, mentre oggi non vogliamo una scuola gerarchizzata, ma articolata. Quindi, anche a tale proposito l'elemento di flessibilità fa agio nei confronti della salvaguardia di tale aspetto.
Vorrei ricordare un aspetto ai nostri colleghi, a coloro che hanno polemizzato contro il fatto che abbiamo voluto anticipare la legge sull'estensione dell'obbligo scolastico di un anno, mostrando insoddisfazione per il fatto che si sia raggiunto un risultato parziale e, addirittura, richiamandolo come un tentativo di scardinare l'intero impianto. Se riusciremo ad approvare la legge sui cicli scolastici, a differenza di quanto è accaduto nelle precedenti legislature, avremo un'estensione dell'obbligo e una riforma dei cicli scolastici. Nelle precedenti legislature si voleva fare sempre tutto insieme e così non si è ottenuto né l'uno né l'altro.
Ci siamo fatti forti di un'esperienza di fallimenti nei confronti di una pretesa organicità, che è diventata organicismo impotente: questo è stato l'esito di trent'anni di storia repubblicana sulla scuola e non potevano non trarne tutte le conseguenze di pensiero e di riflessione. (...)
Quest'anno gli iscritti sono la quasi totalità dei ragazzini che hanno l'età per iscriversi alla scuola secondaria. Quindi, stiamo giungendo all'effettivo risultato dell'estensione dell'obbligo, pur essendo questo il primo anno di applicazione di una legge approvata nel gennaio 1997, quando erano terminate le preiscrizioni. Si tratta di un risultato di scolarizzazione che prima non era stato mai raggiunto; pertanto, l'obiettivo dell'estensione dell'obbligo è in cammino, certamente così come camminiamo noi, gradualmente, passo dopo passo, senza balzi organicistici, ma attraverso un approccio di processualità, che è l'unico modo di incidere in un corpo così delicato come quello scolastico.
Tuttavia, abbiamo ottenuto un altro risultato, che viene dimenticato, cioè stiamo lentamente superando il concetto di obbligo, che fa parte di una fase della nostra storia, quando si trattava di alfabetizzare la popolazione e, quindi, spingere le famiglie ad alfabetizzare i figli diventava un obbligo del genitore, perfino da segnare nella fedina penale del genitore inadempiente, con qualche elemento di fiscalismo non accettabile.
Oggi per noi il concetto di obbligo diventa un diritto del soggetto e un obbligo dello Stato. Stiamo capovolgendo questa impostazione: si tratta di un altro elemento di alta pregnanza culturale che non si può immiserire di fronte al problema dei nove o dieci anni. Infatti, quando poniamo il problema dell'obbligo formativo a diciotto anni, facciamo un salto oltre l'idea che esso debba essere di nove o dieci anni.
Con questa legge stiamo facendo una cosa nuovissima, cioè affermiamo che l'obbligo squisitamente scolastico riguarda i sette anni del ciclo primario e i due anni all'interno del ciclo secondario. È del tutto irrilevante che diventino nove anni, perché poi, con l'inserimento di due canali formativi successivi, l'obbligo diventa per tutti a diciotto anni, o quasi - specificheremo meglio questo aspetto (...) come è specificato nel testo, con il richiamo ad un'altra legge di questo mosaico, perché vi è un'altra legge pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, che ha portato l'obbligo formativo a diciotto anni. (...)
Abbiamo problemi di personale docente. In questa profonda e radicale innovazione, con una certa sapienza di ammorbidimento dei processi che questo progetto di legge rappresenta, il problema più delicato è proprio quello del personale docente. (...)
L'attuazione della riforma dei cicli, una volta divenuta legge, va contemplata come un processo che durerà più di un anno, non solo per la novità più profonda che ancora ci attende, quella cioè del rinnovo curricolare (che non compete alla legge, come avviene in tutti i paesi del mondo, bensì di Commissioni specifiche che elaboreranno il rinnovo dei saperi), ma anche per l'adeguamento del corpo docente.
Gentile licenziò centomila docenti quando fece la sua riforma, cosa che noi non vogliamo realizzare. (...)
Dovette convertire ad una serie di discipline e coloro i quali insegnavano le vecchie discipline furono mandati a casa. (...)
Gentile fece una cosa straordinaria, ma in modo traumatico. Non possiamo neppure lontanamente pensare ad un processo di questa natura; abbiamo bisogno di un periodo di riconversione. Questo è un problema delicato che non si risolve con una norma di legge ma attraverso un processo per il quale occorre partire dai principi scritti nell'articolo 5 relativi alla riqualificazione e valorizzazione di specifiche professionalità «maturate». C'è molta sapienza in quel «maturate». Si tratta di elementi di flessibilità nell'ordinamento dei docenti per consentirne la massima mobilità professionale, non territoriale. È un fatto importante. D'altra parte nelle leggi a volte i concetti sono espressi da singoli vocaboli. (...)
Vorrei fare una battuta sulla soluzione che abbiamo dato alla parità perché qui quel risultato è stato denigrato. Ovviamente ci sono due corni del dilemma: vi è chi afferma che è stato concesso troppo e chi invece che è stato dato troppo poco, quindi vuol dire che siamo nel giusto. Si tratta di una operazione politica di grande rilievo. (...)
Mi lasci fare anche una battuta sugli esami di Stato. Descrivere gli esami di Stato una farsa, un fallimento, un disastro segna un certo distacco da parte di taluni dei colleghi intervenuti (...). Noi abbiamo avuto un risultato che è andato al di là delle nostre aspettative perché gli studenti sono stati in grande maggioranza contenti. I docenti hanno compiuto un lavoro straordinario. Colgo questa occasione per ringraziarli perché, al di là di quanto raccontassero le cronache, hanno lavorato tutto l'anno per rendere possibile il successo di questa prima prova. (...)
Vorrei ringraziare i colleghi per il lavoro svolto. Il Governo ringrazia sentitamente per il lavoro svolto e per il modo in cui un testo - partito da un'iniziativa legislativa dell'esecutivo - è arrivato in aula con una redazione nuova e significativa.
Rivolgo un ringraziamento particolare al relatore e al presidente della Commissione: sappiamo quanto lavoro, da parte dei colleghi, vi sia dietro il testo della proposta di legge; non è stato semplice neppure il tentativo di comporre le differenze. Un ringraziamento anche alla Commissione, cui è stata richiesta un'accelerazione dell'iter di cui siamo consapevoli, di fronte alla necessità di dare un risultato al paese.
Quando si producono novità del genere, non è sicuro - sono d'accordo in questo con il relatore - che all'inizio il consenso sia molto elevato. È sicuro che vi siano elementi profondi di dissenso, che non voglio chiamare conservatori. Talvolta, essi possono essere dettati dall'insufficienza e dall'insoddisfazione, da ispirazioni diverse, forse da una qualche illusione non fondata. (...)
Per raggiungere la perfezione, nei decenni passati, la scuola secondaria è rimasta immobile, non è stata mai toccata. Quello che si invoca qui è un tentativo di trovare una composizione delle diverse posizioni, al fine di raggiungere un risultato: l'Italia, la scuola, ha bisogno in questo campo di un risultato. Ha bisogno di una legge, non soltanto di una discussione parlamentare. (...) No, non qualsiasi risultato. Ma dopo un testo che ha fatto seguito ad una prima, ad una seconda, ad una terza e ad una quarta stesura, nonché ad un tentativo di perfezionamento così approfondito, non credo che si possa parlare di un qualsiasi risultato. Dietro questo testo vi è un lavoro, da parte dei nostri colleghi, che hanno scritto e riscritto norme per ascoltare il massimo possibile delle opinioni.
Quindi, riproporre costantemente il bisogno di rifare tutto daccapo per non arrivare a nulla, non è forse il modo migliore per esaltare il lavoro che altri colleghi di questo stesso Parlamento stanno facendo e che rappresenta, invece, la condizione per raggiungere un risultato effettivo.
Il 20 luglio ha inizio in aula, al Senato, l'esame dei DdL sulla parità che si conclude, il 21 luglio, con l'approvazione del DdL 4127 AS modificato dal maxiemendamento proposto dalla maggioranza (154 voti favorevoli, 88 contrari, 2 astenuti); il testo passa ora all'esame della Camera.
Riportiamo di seguito un estratto dei verbali del Senato
OSSICINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge n. 4127, di iniziativa dei senatori Tarolli ed altri, giunge oggi all'esame dell'Assemblea a seguito della richiesta - avanzata dalle opposizioni - di applicazione dell'articolo 53, comma 3, ultimo periodo, del Regolamento, che consente appunto alle minoranze la calendarizzazione in Aula di provvedimenti cui annettono particolare rilievo.
Esso giunge peraltro in Aula senza che la Commissione istruzione ne abbia preventivamente concluso l'esame: esso è stato infatti esaminato dalla Commissione lo scorso 1° luglio (e quindi il giorno immediatamente successivo a quello della sua assegnazione alla Commissione stessa, avvenuta il 30 giugno), indi abbinato ai molti altri pendenti presso la Commissione sulla stessa materia e all'epoca all'esame di un apposito Comitato ristretto coordinato dal senatore Biscardi, relatore designato su tutti e dodici i disegni di legge.
Mercoledì scorso, 14 luglio, il senatore Biscardi ha tuttavia informato l'Ufficio di Presidenza che il Comitato ristretto non aveva concluso i suoi lavori con l'approvazione di un testo unificato e che lui stesso aveva chiesto la remissione dei provvedimenti alla sede plenaria, giudicando che la sede ristretta aveva perso la sua ragion d'essere a seguito della richiesta delle opposizioni di calendarizzare in Aula il disegno di legge n. 4127 ai sensi del predetto articolo 53 del Regolamento.
Il successivo giovedì 15 luglio, nella seduta pomeridiana della Commissione, il senatore Biscardi ha quindi dato conto in sede plenaria della conclusione dei lavori del Comitato ristretto, ripercorrendone brevemente le tappe.
In quell'occasione, non avendo la Commissione concluso il proprio esame con l'approvazione di un testo da trasmettere all'Assemblea come base della successiva discussione, essa non ha peraltro neanche potuto conferire il mandato al relatore a riferire in Aula sui suoi lavori. A me, in qualità di Presidente della Commissione, non resta quindi che introdurre l'argomento ed anticipare fin d'ora che, sugli eventuali emendamenti che saranno discussi da quest'Assemblea, non potendosi alcuno esprimere a nome della Commissione in veste di relatore, è da intendersi che la Commissione si rimetta alle valutazioni dell'Assemblea stessa.
Ritengo tuttavia utile lasciare la parola - se la Presidenza lo consente - al senatore Biscardi, affinché dia succintamente conto del lavoro svolto dalla Commissione e l'Assemblea sia conseguentemente informata dell'impegno profuso sull'argomento. (...)BISCARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la 7a Commissione del Senato ha condotto l'esame in sede referente di undici disegni di legge (di cui uno, l'Atto Senato n. 2741, d'iniziativa del ministro Berlinguer), cui si sono aggiunti in corso d'opera altri due disegni di legge, ambedue a prima firma del senatore Tarolli. Si tratta in tutto di tredici disegni di legge, più alcune petizioni e voti regionali ad essi attinenti.
La 7a Commissione ha dedicato all'esame di tali proposte dieci sedute, la prima delle quali in data 22 marzo 1998.
Ha inoltre deliberato la costituzione di un Comitato ristretto. Quest'ultimo ha svolto ventisette sedute.
Delle sedute del Comitato ristretto, sedici riunioni sono state dedicate ad audizioni. Sono stati così auditi trentasei soggetti, tra associazioni ed autorevoli esponenti del mondo della scuola.
Compito del relatore è riepilogare in estrema sintesi i temi e i motivi del lavoro svolto. Pure può dirsi già sotto il profilo della mera sua quantità significativo per apprezzare tutto l'impegno prestato dalle forze politiche, nessuna esclusa, per dare infine soluzione ad una questione innegabilmente complessa e rilevante. Un forte impegno civile, in primo luogo, che mai si era in tal misura dispiegato sul tema della parità in tutta la storia della Repubblica.
Tema centrale del dibattito intervenuto può dirsi il seguente interrogativo: un disegno di legge sulla parità deve far propria la prospettiva di un «servizio pubblico integrato», ovvero quella di un «servizio scolastico nazionale»?
Per trovare esauriente risposta, si è resa necessaria una lettura delle disposizioni costituzionali, dunque una lettura dell'articolo 33 della Costituzione in un'ampia connessione con altre disposizioni e principi asseriti dalla Carta.
L'impegno a situare la parità in una più ampia trama di principi costituzionali, limpidamente espressi nella prima parte della Costituzione, ha beninteso importato altresì una attenta ricognizione sulla giurisprudenza costituzionale, che in tale materia ha messo a fuoco taluni punti fermi sul piano dell'esegesi e della interpretazione.
Ulteriore indirizzo di ricerca, dibattito e approfondimento è stato quello vertente sul tema del finanziamento della parità. Le opzioni astrattamente ipotizzabili sono - come è noto - diverse: buono scuola; convenzione o contratto della singola scuola con lo Stato; agevolazione fiscale (nella forma o del credito di imposta o della detraibilità dell'imposta); retribuzione a carico dello Stato del personale. Diverse sono così state le prese di posizione espresse intorno allo strumento cui fare ricorso per finanziare la parità.
Pur se il dibattito non si è concluso con la formale presentazione del definitivo testo del Comitato ristretto o del relatore, va tenuto ben presente come quest'ultimo abbia, in data 8 aprile 1999, presentato al Comitato ristretto una proposta di articolato, recante una definizione normativa dei principali profili giuridici e procedurali relativi allo statuto giuridico della scuola non statale riconosciuta «paritaria».
Tale proposta riscosse invero un'attenzione quasi esclusivamente polemica da parte delle forze politiche di opposizione, come può desumersi dalla lettura della rassegna stampa sulla parità scolastica distribuita a cura del Servizio studi del Senato, in riferimento soprattutto alla giornata del 22 aprile. Autorevoli rappresentanti di Forza Italia, ad esempio, tacciarono tale proposta - e lo hanno fatto anche questa mattina - di prefigurare una parità «di tipo sovietico», imponente dunque un controllo statalistico opprimente. Di qui l'intendimento, non tradotto in pratica e tuttavia ampiamente enfatizzato sui mezzi di stampa, di abbandono del Comitato ristretto da parte delle forze politiche facenti parte del Polo.
È dunque con sommo stupore che il relatore ha potuto constatare, nel dispositivo del disegno di legge n. 4012, che ha come primo firmatario il senatore Tarolli, comunicato alla Presidenza l'11 maggio 1999, la riproduzione - per i profili giuridici e procedurali - della medesima impostazione prospettata dallo stesso relatore nella sua proposta di parziale articolato.
Un raffronto filologico tra i due testi disvela analogie più che marcate, invero sorprendenti, se si considera che le forze politiche proponenti il disegno di legge da ultimo menzionato, così aspramente si erano pronunciate avverso la proposta del relatore.
Del disegno di legge testé ricordato è stata poi formulata, da parte dei medesimi proponenti, una riscrittura consistente nel disegno di legge n. 4127, comunicato alla Presidenza il 30 giugno 1999.
È da rimarcare come tale testo acceda alla prospettiva del servizio scolastico nazionale, dismettendo quella affermata nel precedente testo, ancora attestato su un'ipotesi, ovviamente ad avviso del relatore costituzionalmente impropria, rectius inaccettabile, del servizio pubblico integrato.
Quale primissima, provvisoria conclusione della presente esposizione, si può dunque formulare la constatazione che il «diritto di tribuna» quest'oggi esercitato è stato preceduto da lungo e meditato approfondimento.(...) BERLINGUER, ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, vorrei esprimere l'orientamento del Governo su questa approfondita ed elevata discussione, come si confà ad un tema così importante che ha per tanti anni diviso l'opinione pubblica del paese.
In questa sede stiamo esaminando un'iniziativa legislativa presentata dall'opposizione. Mi sembra legittimo che noi le diamo atto di questo fatto, come è stato del resto orgogliosamente rivendicato da più di un intervento dei colleghi dell'opposizione: la circostanza che l'Aula di palazzo Madama è stata investita di un tema che è rimasto assente da queste Aule per tutto il periodo repubblicano e sostanzialmente e in modo pregnante sta discutendo in modo serrato su norme e non soltanto su posizioni di principio, con una effettiva finalizzazione di risultato, come prescrive la Costituzione repubblicana, la quale richiede l'approvazione di una legge su questa materia.
Ci auguriamo che l'iniziativa stimolante dell'opposizione sia rivolta - e non vi è alcun motivo per dubitarne - all'approvazione di una legge secondo il metodo democratico, anzi secondo il principio di maggioranza. Direi anzi che all'approvazione di una legge dovrebbe essere rivolto l'impegno dell'intera Assemblea, per far sì che la discussione si concluda con l'approvazione di una norma o di un complesso di norme. Dico questo perché sono circolate alcune voci in merito alle quali potrebbe nascere una resipiscenza dell'opposizione circa la necessità di giungere poi ad un voto effettivo con l'impegno di partecipare in modo democratico a questo voto, anche nel dissenso.
È stato il Governo a far iniziare nell'agosto del 1997 un'opera di legislazione su questo argomento, approvando un disegno di legge in una riunione del Consiglio dei ministri (anche questo è un fatto abbastanza inedito nella storia repubblicana); su questo tema sono poi continuate le discussioni, riproponendosi spesso posizioni contrapposte, così come è avvenuto nel corso di questi ultimi decenni.
Tuttavia, in quest'Aula è stato rivendicato il fatto che sia il disegno di legge «Tarolli-bis», sia altri disegni di legge, sia il testo dell'emendamento presentato dalla maggioranza non sono stati esenti da reciproca fertilizzazione. Credo che anche nel tono generale della discussione svoltasi in quest'Aula possiamo registrare un elemento di progresso rispetto al passato, quando l'inconciliabilità delle posizioni era totale nell'interpretazione giuridica o di un solo comma dell'articolo 33 o del complesso sistematico delle norme contenute nella Costituzione su questo argomento.
Inoltre, ritengo che il testo presentato dalla maggioranza rappresenti anch'esso il segno di un cammino percorso, per cui all'interno della stessa maggioranza forse non registriamo più, anche se non completamente, come è ovvio, posizioni preconcette, bensì, al contrario, uno sforzo per trovare una conciliazione.
Il senatore Nava nel suo intervento ha detto «finalmente» - ha usato questo avverbio - «si sta giungendo ad una stretta». È stato riconosciuto dalla senatrice Fumagalli Carulli che non si tratta di un testo statalista e credo che l'autorevolezza di questo riconoscimento non debba essere trascurata, anche se tutti - penso - in quest'Aula possono rivendicare una parte di merito per il cammino percorso - mi sembra, del resto, che proprio questo fosse l'accento dell'intervento del senatore D'Onofrio - e sono consapevoli che si tratta di un accordo difficile e forse non definitivo, quindi di una tappa e non del traguardo. Tuttavia non esiste traguardo senza tappe e non esiste cammino senza un'avanzata progressiva, in qualche modo graduale, per risolvere problemi di questa complessità.
Probabilmente l'atteggiamento psicologico che non deve essere accettato è quello di caricare l'evento di un'attesa eccessiva, come ci dimostrano i nostri classici. Infatti, quando si carica un evento di un'attesa eccessiva, si rischia l'illusione e la conseguente ineluttabile delusione. Probabilmente, a tal proposito qualcosa di questa natura circola persino nel mondo degli interessati, dove forse si pensava che una soluzione taumaturgica avrebbe risolto un problema così complicato. Non ci si rende conto, invece, che anche un significativo passo in avanti ha in sé la pregnanza di una soluzione che sicuramente si evolverà.
Dobbiamo registrare un importante passo in avanti. A questo proposito devo dire che i passi avanti sono sempre frutto di mediazioni. Non esiste in politica una soluzione diversa da quella delle mediazioni e non è corretto rifiutare, in principio, una soluzione di mediazione, perché essa è un elemento di sintesi rispetto a posizioni precedentemente inconciliabili. Quando si vuole raggiungere la condizione del passaggio di una norma, di una legge attraverso un itinerario che deve portare a sintesi posizioni molto lontane, quello che viene chiamato con un termine ingiustamente spregiativo «compromesso» è invece un momento importante. Quello che il Governo ritiene sbagliato è considerare questo compromesso di basso profilo, perché così non è. È vero, ci possono essere compromessi di profilo alto o dignitosi: credo che il risultato che in questo momento abbiamo di fronte ai nostri occhi, e forse a portata di mano, non è un compromesso di basso profilo. È una soluzione alla quale - come prima dicevo - tutti hanno collaborato.
Ricordo, per esempio, posizioni difficili anche all'interno del Governo e tuttavia una coerenza - come, peraltro, nella stessa maggioranza - di persone, di Ministri e di membri del Parlamento che hanno esercitato una funzione per giungere a questo risultato e che hanno avuto una partecipazione molto attiva in questo senso. Credo che il Governo abbia il dovere - lo fa con molta convinzione - di ringraziare per l'apporto fornito dalle diverse parti, perché è stato determinante per giungere a questo risultato.
Abbiamo dovuto lavorare su questo argomento ispirandoci certamente alle esigenze della società italiana, alla necessità di un rinnovamento del sistema formativo del nostro paese, al suo ammodernamento e al fatto di avere elementi di comparazione con il resto dell'Europa. Anzi, ciò che ora sta succedendo è già da tempo successo in Europa e non può non essere per noi una bussola. In Europa ciò che oggi la Costituzione richiede al nostro Parlamento come impegno legislativo assoluto è stato già realizzato da tutti i suoi Stati membri.
Tutti gli Stati europei, alcuni prima, altri dopo, si sono dati leggi che hanno disciplinato la materia.
Tuttavia in Italia abbiamo anche un vincolo costituzionale che altri paesi europei non hanno, perché abbiamo una storia tormentata della formazione dello Stato unitario di cui vi sono tracce nella Costituzione. È pertanto necessario, nell'affrontare un tema così delicato, ispirarsi ad un elemento di sapienza: dobbiamo produrre una norma che non presenti rischi di impatto costituzionale, che non possa essere oggetto di un'interpretazione contraria alla Costituzione, perché sempre di interpretazione si tratta e non esistono verità assolute in tale campo. Questo infatti la scienza giuridica dell'interpretazione ci ha insegnato, ossia che non esistono verità assolute, ma verità relative, che si incarnano in un provvedimento giurisdizionale dell'unico organo a ciò deputato, ossia la Corte costituzionale.
Ebbene, sarebbe poco saggio che il Parlamento italiano si cimentasse con tanta passione su un argomento di questo tipo con rischi di impatto costituzionale e con la possibilità di vedere vanificato il proprio lavoro da un provvedimento giurisdizionale che ne dichiari l'illegittimità all'insegna del dettato costituzionale.
Abbiamo dei vincoli e penso che il lavoro compiuto in questi mesi e in questi anni, condensato forse da questo punto di vista nell'emendamento presentato dalla maggioranza, abbia voluto tener conto di questo ed anche della diversità delle opinioni dei giuristi sull'argomento, che danno dell'inciso dell'articolo 33, terzo comma, della Costituzione interpretazioni differenti, legittimamente tali. Di questo rispetto dobbiamo essere consapevoli nei confronti degli interpreti della Costituzione, ma la saggezza impone di evitare ogni rischio, anche quello che una particolare interpretazione non condivisa possa mettere in non cale il lavoro che abbiamo faticosamente portato avanti.
È stato detto che anche nel testo della maggioranza non si arriva alla parità: non sono d'accordo. Sono convinto, invece, del contrario, ossia che in quel condensato, breve e succinto testo (come devono essere le leggi, di pochi commi o di pochi articoli, come lo si voglia interpretare) esistono elementi importanti che riguardano l'obbligo costituzionale di approvare una legge sulla parità e sull'equipollenza di trattamento per le scuole non statali.
Innanzi tutto, ricordo la statuizione del servizio nazionale per l'istruzione che sicuramente preesiste, che oggi già in qualche misura funziona e che tuttavia in questo disegno di legge viene eretto a sistema, viene definito con sapienza giuridica e risponde ad un'esigenza di lavoro comune di tutta la società nell'offerta formativa, che è, appunto, il cardine dello sviluppo di una società moderna e più equa.
In secondo luogo vi è l'affermazione, anch'essa nella realtà e tuttavia non ancora formalmente acquisita, che chi assegna titoli di studio aventi valore legale esercita una funzione che non può essere considerata privata, ma che è una funzione pubblica.
Se le famiglie affidano i propri figlioli ad un'istituzione, comunque sia gestita, che però ha dallo Stato l'autorizzazione non solo a svolgere il suo compito formativo ma a farlo concludere con un titolo che ha valore legale, è chiaro che si tratta di una funzione pubblica, e questo va ribadito come giustamente è stato fatto nel testo.
In questo provvedimento (che ci accingiamo, spero, ad approvare) sono statuite inoltre altre regole molto rilevanti. C'è sicuramente una parte importante della disciplina della parità, anzi, una parte oggi parzialmente carente - credo colpevolmente carente - in questo paese perché una materia così delicata ha bisogno di regole e deve essere lo Stato, quindi il Parlamento, a dettarle nell'interesse generale del paese.
Se la discussione ha avuto una lacuna - posso permettermi di rilevarla - è che il Parlamento ha trascurato un elemento che considero molto importante: la questione della scuola per l'infanzia, che è stata considerata un atto dovuto o un elemento marginale all'interno di questa disciplina, dimenticando forse la crescente attenzione di tutto il paese nei confronti di un problema così delicato; dimenticando forse che il nostro paese è più avanti di altri nel settore della scuola per l'infanzia e ha raggiunto vette di qualità. La destinazione di tanta attenzione alla scuola per l'infanzia da parte della presente proposta normativa è un dato di civiltà, un fatto elevato, socialmente e moralmente rilevante e quindi, anche per questa ragione, il testo in esame non può essere considerato un compromesso di basso profilo.
Infine, vi è la statuizione del principio del diritto allo studio, troppo trascurato nelle Aule parlamentari, con troppa fretta totalmente deferito alle regioni, lo Stato rinunciando ai suoi poteri di indirizzo anche nelle materie di competenza primaria delle regioni.
Abbiamo stabilito un passo avanti significativo proprio in materia di parità, in materia di regole, e vorrei ricordarne una di straordinaria importanza che è scolpita nel testo in esame. Abbiamo affermato un principio presente alla coscienza laica del paese e alla componente più elevata dello stesso mondo cattolico, anche nell'esercizio della sua funzione educativa e di istruzione e nella qualificazione che le migliori delle scuole gestite dal mondo cattolico hanno realizzato in Italia e, soprattutto, all'estero: il principio della libertà di accesso alle scuole, anche a quelle definite di tendenza, che hanno un proprio principio educativo. Un principio in base al quale l'accettazione dell'ispirazione del modello educativo non significa accettazione della confessionalità dello stesso; è il principio della distinzione tra elemento confessionale e ispirazione religiosa del progetto educativo, che non sono la stessa cosa. La scuola resta la scuola, anche se è ispirata ad un modello ideale: la sua funzione specifica si distingue dai luoghi del reclutamento religioso, del reclutamente confessionale, dell'esercizio dell'attività confessionale. Ciò è ammesso dalla parte più nobile del mondo cattolico, ma non era stato ancora acquisito come principio giuridico ed è molto importante che ciò avvenga.
Personalmente ho conosciuto moltissime scuole ed università cattoliche all'estero - sebbene non ne abbia conosciute molte in Italia - che avevano al loro interno studenti musulmani, ebrei o non credenti e che non hanno preteso un'adesione confessionale. Vorrei ricordare all'intera Aula, anche a coloro che sono scettici di fronte a questo problema e rinunciatari di fronte all'affermazione di un così elevato principio, che a scuola si fa scuola; i compiti culturali fondamentali della scuola hanno una fisionomia e una tipologia distinte. Badate, ciò è molto importante per il presente e sarà ancora più importante per il futuro, in una società multietnica e multireligiosa in cui elementi di fondamentalismo, presenti forse in altre religioni, potranno farci ipotizzare l'istituzione di scuole, che la Costituzione consente, di forte orientamento religioso, legate ad elementi di fondamentalismo, nei confronti dei quali il sistema deve fin d'ora difendersi attraverso la statuizione proposta nell'emendamento presentato dalla maggioranza, che costituisce una scelta di civiltà.
D'altro canto, come sapete, il provvedimento può percorrere il suo cammino perché vi è un altro elemento di novità che riguarda non tanto la questione specifica della parità ma l'ordinamento: l'autonomia di tutte le scuole, non soltanto di quelle non statali, anzi in particolare delle scuole dello Stato che sono numericamente prevalenti. Ecco, il passo avanti che noi facciamo collegando la normativa sulla parità con quella sull'autonomia scolastica è molto pregnante da un punto di vista culturale; più di un intervento ha colto questo aspetto e credo si comprenda come esso ha costituito una delle ragioni della crescita della parte comune della coscienza scolastica ed educativa a questo proposito.
Ho fatto cenno al rilievo dell'intervento sulla scuola per l'infanzia. Vorrei ricordare che in questi anni la scuola materna statale ha aumentato le sue sezioni. C'è stato uno sviluppo della scuola materna statale: è un dovere dello Stato, nel momento in cui ancora tutto il territorio nazionale non è coperto adeguatamente da questo importante servizio. Tuttavia, in questo disegno di legge oggi prevediamo la possibilità di un'ulteriore espansione anche della scuola materna non statale nelle sue due grandi componenti: una rilevante componente affidata alla capacità dei comuni e un'altrettanto e forse maggiore componente, numericamente parlando, gestita da privati.
L'obiettivo di questo Governo, del resto scritto anche in documenti ufficiali e nel disegno di legge sul riordino dei cicli scolastici, in questi giorni all'esame della Camera dei deputati, è quello di un'estensione graduale ma decisa della scuola materna, della scuola per l'infanzia su tutto il territorio nazionale. Abbiamo raggiunto il 94 per cento degli scolarizzati, una cifra imponente, ma non basta anche perché questo dato è solo statistico; infatti in molte regioni si è raggiunto il 100 per cento ma ve ne sono altre, particolarmente nel Mezzogiorno, in cui sono ancora carenti le iniziative a questo proposito. Bene, noi vogliamo oggi chiedere uno sforzo all'intera società, cominciando dallo Stato, però rivolgendoci all'intera società, per aiutarci e sostenerci affinché ci sia una concreta possibilità di raggiungere l'obiettivo della generalizzazione.
A questo proposito voglio dire una cosa particolare. Sapientemente l'emendamento della maggioranza ha fatto un richiamo al secondo comma dell'articolo 33 della Costituzione; anche se il richiamo è forse giuridicamente pleonastico ha sicuramente una valenza politica. Vorrei ricordare che in questo comma si fa obbligo alla Repubblica di istituire scuole statali in tutto il territorio nazionale. Il Governo considera questo un obbligo imprescindibile. La nostra Costituzione ci dice questo; ecco perché la nostra Costituzione ha un particolare imprinting, ha una sua caratteristica particolare che non va trascurata. C'è un obbligo per il Governo e noi dobbiamo e vogliamo rispettarlo, e ciò riguarda tutti gli ordini e i gradi scolastici. Lo Stato deve garantire a tutti coloro che vogliono frequentare una scuola di Stato la presenza di un'istituzione scolastica statale; lo garantirà nelle forme più flessibili, più possibili e più congeniali alle diverse condizioni orografiche, tuttavia lo deve garantire. Il Governo è fedele a questo principio che inserisce un elemento di priorità nella politica scolastica, che non può essere trascurato da nessuno, a qualunque formazione politica appartenga.
Tuttavia, c'è un altro principio che viene richiamato da questo disegno di legge: come è stato richiamato in questo dibattito sulla linea di almeno due sentenze della Corte costituzionale, noi abbiamo affermato che il valore contenuto nell'articolo 34 della Costituzione, che cambia l'antica cultura dell'assistenza scolastica in quella del diritto allo studio, ed è quindi un principio promozionale e non paternalistico, vale per qualunque bambino e qualunque ragazzo d'Italia a qualunque scuola egli sia iscritto. La Corte costituzionale lo ha detto in modo netto; ma questo è già stato scritto prima nella Costituzione. È un valore prioritario il sostegno al diritto allo studio. Questo disegno di legge - o meglio questo lavoro legislativo del Senato - fa giustizia di questo principio.
Ho letto in qualche giornale e in qualche dichiarazione una punta di rammarico nel richiamare il concetto di «bisognosi»: anzi, talvolta, si è fatta persino ironia a tale riguardo. Vogliamo rifiutare nettamente questo approccio.
La necessità di sostenere coloro che hanno difficoltà non solo economiche ma anche culturali - per poter fruire del diritto all'istruzione è un obbligo dello Stato, del paese e dell'intera società. L'affermazione del diritto allo studio è innanzi tutto un'affermazione di alto valore morale e non si può irridere a questo fatto: non si può considerare come una soluzione di rifugio il voler sostenere con convinzione un cammino di questa natura.
Permettetemi di aggiungere che appare talvolta odioso voler distinguere gli uni e gli altri studenti; appare talvolta non di ottimo gusto dire che bisogna introdurre per forza delle distinzioni e delle discriminazioni. Certamente, un principio di uguaglianza si fonda sulla circostanza che le diversità e le disparità di condizione e persino di spesa vanno tenute presenti nell'intervento dello Stato: non c'è dubbio. Però consideriamo quest'insistenza, espressa in questo modo, non opportuna. Mi sembra più importante affrontare in modo preciso e netto il bisogno di sostenere lo sviluppo delle potenzialità di ciascun bambino e di ciascun ragazzo e, quindi, le politiche di sostegno indirizzate a tale scopo.
Nel testo dell'emendamento presentato dalla maggioranza è previsto con sapienza l'intervento straordinario dello Stato, per gli anni 2000-2001, a favore delle regioni perché intervengano a sostegno della spesa sostenuta dalle famiglie e documentata in base al controllo della fruizione e dell'utilizzo della spesa stessa. È un principio importante, che è sicuramente il frutto di un compromesso, di uno sforzo comune; un principio importante in base al quale la spesa va effettivamente sostenuta, deve essere documentata e la fruizione del beneficio e le modalità di utilizzo devono essere disciplinate da un intervento normativo secondario del Governo, da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
È stato presentato in proposito un ordine del giorno dai colleghi Nava e Napoli Roberto. Vorrei specificare la situazione di fatto di fronte alla quale ci troviamo; già ho detto qual è la situazione di principio presente nell'emendamento presentato dalla maggioranza. Per il 2000 disponiamo di 250 miliardi che erano stati destinati al diritto allo studio e allocati nella tabella A nel fondo globale del Ministero della pubblica istruzione e di 300 miliardi per l'anno successivo. Se noi destineremo - come probabile - queste risorse a circa 500.000 alunni, la cifra che potremo assegnare non potrà essere sicuramente superiore a 500.000 lire a testa.
L'affermazione del principio del diritto allo studio, della spesa effettivamente da erogare, in questo momento, è condizionata dalle disponibilità finanziarie. È stata fatta la scelta di concentrare le risorse quasi assolutamente sulla scuola materna non statale. Le risorse destinate invece al diritto allo studio in questo momento sono limitate, ma sono certamente aggiuntive a quelle che stanno già erogando i comuni e le regioni. Tuttavia, questa è la disponibilità di bilancio: una somma, grosso modo, di 500.000 lire a testa per 500.000 bambini o ragazzi (mi riferisco alla somma complessiva, naturalmente).
È chiaro che si tratta di una somma che, come prevede il testo della maggioranza, è di pari importo per gli studenti della scuola statale e non statale. Dobbiamo convenire tutti che questo livello di somma sarà erogato per sostenere spese effettive di diritto allo studio e spese non difficilmente documentabili per tutti (per esempio per quanto riguarda il costo dei libri, dei trasporti, delle mense o dell'approvvigionamento informatico), comunque spese più direttamente previste come diritto allo studio.
Quindi, l'invito che viene avanzato da parte dei colleghi Nava e Napoli Roberto a stabilire un tetto minimo è già in re ipsa, è già nelle condizioni di compatibilità finanziaria, è nelle cose. Posso dichiarare, pertanto, che il Governo si dovrà attenere a questo principio, in tal senso. E poichè dobbiamo stabilire quello che succederà con questo provvedimento per quanto concerne la disponibilità finanziaria, penso di venire incontro anche ad un'esigenza quale quella rappresentata dai colleghi nel modo che mi è stato possibile dire qui ora, e cioè che la destinazione è fortemente coerente con il testo dell'emendamento.
Mi auguro che i colleghi Nava e Napoli Roberto siano soddisfatti da questa risposta e che quindi sia inutile procedere ad un confronto sullo stesso ordine del giorno. Questo mi porta a fare una seconda notazione. Voglio ringraziare il senatore D'Onofrio, che ha affermato con energia (io penso interpretando un'esigenza diffusa in tutto questo Parlamento, in tutta quest'Assemblea) che la centralità della scuola, come esigenza del Governo, del Parlamento e del paese, è una centralità di tutta la scuola e che l'attenzione di tutti noi è a tutta la scuola. Naturalmente in questo la prevalenza è inevitabilmente quella della scuola pubblica per ragioni - se mi permettete - di principio e di effettiva consistenza, per quello che la scuola pubblica ha rappresentato nella storia del nostro paese, ma anche perché oggi essa costituisce la spina dorsale della funzione educativa e formativa, e quindi oggi una contrapposizione fra l'uno e l'altro settore non interessa né la scuola pubblica né quella non statale.
Mi sembra che il testo dell'emendamento della maggioranza rappresenti un passo in avanti significativo per uscire dalle secche di una discussione che ha tormentato la stessa maggioranza. Quando si è parlato, nel primo testo originario del Governo, di «servizio pubblico integrato» con molta sapienza è stata fatta la distinzione fra l'esercizio della funzione pubblica, che ho richiamato all'inizio del mio intervento e che è inequivocabile, e - invece - la funzione sistemica del sistema nazionale di istruzione, nel quale la scuola pubblica ha quella posizione di preminenza che la Costituzione le riserva.
Tuttavia, nella discussione sono risuonate richieste di affrontare questo problema non come legato esclusivamente alle polemiche del passato, ma guardando all'evoluzione del sistema formativo-educativo di questo paese nel suo complesso.
Concentrare l'attenzione esclusivamente sui 12 o 13 anni di scuola nelle tradizionali aule scolastiche significa non comprendere che l'avvenire di questo paese è affidato al convergere nella funzione educativa di una diversità di apporti.
Per esempio, trovo poco condivisibile l'idea di escludere sempre l'attenzione verso la formazione professionale per una visione eccessivamente «scuolacentrica», magari perché vanno alla formazione professionale ragazzi diversi da quelli che frequentano la scuola o forse perché essi sono in condizioni economico-sociali diverse. Avere una visione dell'attività formativa che tenga ancora in un ghetto la formazione professionale e la consideri come un elemento negativo o comunque da trascurare o appannaggio di altre istituzioni che non sono quelle statali vuol dire compiere un errore grave.
Più grave ancora è il fatto di non comprendere che l'avvenire di un sistema educativo si fonda essenzialmente e soprattutto sull'educazione lungo tutto l'arco della vita, sulla formazione continua, sulla formazione degli adulti, sulla formazione ricorrente.
Ho sentito e ho letto nell'intervento del senatore Cortiana, oltre che di altri, una rivendicazione di questa componente culturale. Le fondazioni, le ONLUS, il complesso della società esprimono e devono esprimere, più di ora, un'offerta formativa continua: bisogna studiare tutta la vita; bisogna aggiornarsi tutta la vita; bisogna sapere che oggi concentrare lo studio soltanto nell'età scolare (che pure è l'età del massimo investimento, è sicuramente l'età più importante), dando ad essa l'esclusiva di una funzione formativa, è un errore. Quindi, anche alla luce di questa nuova impostazione, noi dobbiamo guardare la disciplina della parità ed uscire da un passato che ha relegato questo tema soltanto al confronto puramente ideologico.
Parlavo dell'autonomia delle scuole dello Stato, dell'arricchimento che questo comporterà alla capacità progettuale del piano dell'offerta formativa, quindi ad un maggiore pluralismo culturale ed intellettuale dentro le scuole dello Stato, ad una capacità di emulazione che può portare ad un elevamento complessivo della qualità della scuola, anche con l'attenzione dovuta - che qui è stata richiamata - per le particolarità del nostro sistema delle autonomie (penso, per esempio, a Trento e a Bolzano). Bisognerà tenere conto anche delle osservazioni fatte a tal proposito: questa scuola è coerente con il progetto della libertà di insegnamento? È coerente con il progetto di una accentuazione della libertà ai massimi livelli, sia individuale, sia delle singole istituzioni scolastiche? È dentro la cultura europea? È in grado di arrivare fino a ciò che noi vogliamo sia il sistema formativo e educativo di questo paese, ad una grande eterogeneità, al fatto cioè - badate, cari colleghi - di rispettare anche le individualità, le vocazioni, le attitudini, gli interessi, le differenze che esistono tra cittadino e cittadino, fra bambino e bambino, fra ragazzo e ragazzo? Una scuola, quindi, che valorizzi le potenzialità di ciascuno e così realizzi il grande principio dell'uguaglianza; non una scuola che abbia un unico modello da imporre, come tale espellendo coloro che non ci si ritrovano o non sono adeguati a seguirlo fino in fondo. È la scuola della diversità, della ricchezza che la cultura della diversità ha introdotto in tutti i settori dello Stato. Andando verso una società multietnica, questo aspetto andrà sicuramente accentuato.
È per questo motivo, senatore Rescaglio, che mi sono permesso di dire in Commissione che riuscire a risolvere il problema tormentato della parità in un'ottica moderna, guardando avanti e non soltanto retrospettivamente, è una scelta di civiltà; ne sono tuttora convinto. Il ritardo gravissimo di questo Parlamento, che dopo cinquant'anni di vita repubblicana non è ancora riuscito a darsi una legge, significa che esso ha guardato fino a ieri al passato e non ha voluto guardare al futuro. È vero, la cultura è emulazione, competizione, quindi è la creazione di condizioni di effettivo pluralismo nel quale la concezione che noi stiamo ora presentando di un'offerta formativa che promana da tutti i pori della società e che è disciplinata e rigorosamente regolata dalle norme dello Stato, è l'unico modo di venire incontro a questa novità.
Mi domando: perché non prendere atto del fatto che dentro quest'ottica, in questa visione moderna, civile e di libertà (di libertà di insegnamento, prima di tutto, ma anche di libertà di accesso, di libertà di confronto), si sia compiuto un passo così in avanti? Si tratta del vecchio male del massimalismo che voleva raggiungere tutto d'un colpo un risultato dopo cinquant'anni di incapacità di produrre? O si tratta forse, da parte di taluno (e qualcuno c'è sicuramente in Italia), di uno strumentalismo del «tanto peggio, tanto meglio», del desiderio che la legge non diventi legge, che non si arrivi a questo traguardo per poter continuare a rinfocolare costantemente il dibattito politico su un tema che invece ha bisogno di una soluzione? Si preferisce il nulla? Il nulla di fatto? Il riaprirsi di polemiche estenuanti? O si vuole tentare, invece, come è sapienza della politica, di raggiungere quel punto di caduta, di confronto, di arrivo, che possa mettere insieme diverse culture, per dare per questo all'Italia, finalmente, come la Costituzione ci impone, una legge di parità?
Voglio esprimere tutta la mia speranza che il lavoro e la fatica di queste ore e di questi giorni ci possa portare a questo risultato.
Il 12 luglio si svolge un incontro tra MPI e OO.SS. della Scuola sulla riforma dei cicli e sulla parità scolastica.
Il 9 luglio il Consiglio dei Ministri approva il Decreto Legislativo per il riordino dal Centro europeo dell'educazione, della Biblioteca di documentazione pedagogica e la trasformazione in Fondazione del Museo nazionale della scienza e della tecnica "Leonardo da Vinci".
In vista del dibattito in Aula sui temi della parità e del riordino dei cicli, previsti rispettivamente al Senato, per il 20 e 21 luglio, ed alla Camera, per il 23 luglio, si svolgono, il 5 e l'8 luglio, due vertici della maggioranza.
L'accordo raggiunto prevede:
Sul tema del riordino dei cicli scolastici interviene, dalle pagine di Educazione&Scuola, Giancarlo Cerini con Ciclo per Ciclo: Nuove ipotesi di Riordino dei Cicli all'esame del Parlamento.
Nel settore Archivio di Educazione&Scuola:
nota MPI 28 luglio 1999, Prot. n. 9978/E/1B
Attuazione Legge 124 del 3.5.99 recante disposizioni urgenti in materia di personale
scolastico - art. 11, comma 2 - posti disponibili per il personale direttivo
06 - 27 luglio Trasferimenti
Di seguito il calendario relativo alla diffusione dei risultati previsto dall'OM 15/99 e modificato dall'OM 115/99:
Tipo di personale | Diffusione risultati |
Dirigenti | 27 luglio |
Personale A.T.A. | 23 luglio |
Docenti Il grado | 15 luglio |
Docenti Materne | 6 luglio |
Su Mobilità e Trasferimenti si veda la rubrica 'aperta' di Educazione&Scuola:
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297
Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca
scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei
ricercatori
decreto MURST 27 luglio 1999
Numero dei posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni alle
scuole di specializzazione all'insegnamento secondario per l'a.a. 1999/2000
decreto MURST 27 luglio 1999
Numero dei posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni ai
corsi di laurea in Scienze della formazione primaria per l'a.a. 1999/2000
24 luglio Supplenze all'Estero
Il Telespresso Ministero Affari Esteri 21 giugno 1999, n. 120/1612, prevede che "(...) le domande di inclusione in graduatoria (...), a pena di decadenza, devono pervenire direttamente alla competente Autorità all'estero nel periodo compreso tra il 24 giugno ed il 24 luglio 1999 per le istituzioni scolastiche che seguono il calendario boreale (...)".
decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 296decreto interministeriale 23 luglio 1999, n. 184
Legge 124/99, art. 8 - Trasferimento personale A.T.A. dagli Enti Locali
allo Stato
circolare Finanze 23 luglio 1999, n.161
Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani
circolare 22 luglio 1999, n. 182
L'orientamento nelle scuole materne ed elementari - Progetto OR.M.E.: attuazione e
prosecuzione
22 luglio 1999 - Contratto Collettivo Decentrato Nazionale Utilizzazioni Personale Accademie e Conservatori - A.S. 1999/2000
decreto Presidente Consiglio dei
Ministri 21 luglio 1999, n. 305 (in SO n. 109/L alla GU 6 settembre 1999, n.
209)
Regolamento recante disposizioni per la certificazione della situazione
economica dichiarata a norma dell'articolo 4, comma 5, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 109
21 luglio Masterplan sulla Formazione
Il 21 luglio 1999, a Palazzo Chigi, governo e parti sociali siglano il ''Masterplan sulla formazione", il piano pluriennale per un sistema integrato di istruzione, formazione, ricerca e trasferimento tecnologico.
Cinque gli obiettivi prioritari indicati nel "Masterplan":
Il ''Masterplan'' prevede un finanziamento globale di 36.000 miliardi dei quali:
I 36.000 miliardi preventivati saranno destinati:
Il "Masterplan", del quale si parla fin dal 1997, verrà inserito nel DPEF 2000-2003.
Nel settore Archivio di Educazione&Scuola:
21 luglio Telelavoro
Il 21 luglio l'ARAN e le OOSS siglano un accordo quadro sul telelavoro nella pubblica amministrazione: entro due anni tale possibilità, che partirà a breve in via sperimentale sotto la supervisione di un osservatorio ARAN, sarà pienamente operativa.
Elementi di base dell'accordo sono:
Nel settore Archivio di Educazione&Scuola:
20 luglio Concorso riservato
Il 7 luglio l'OM 153/99 sulla sessione riservata di esami, firmata dal ministro della PI il 15 giugno us, è stata registrata dalla Corte dei Conti, ed è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Speciale Concorsi n. 57, supplemento alla GU del 20 luglio 1999.
In considerazione del periodo estivo e della difficoltà a reperire la certificazione necessaria, la data per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso è prevista entro 60 giorni dalla data di pubblicazione; le domande di partecipazione dovranno quindi essere inviate ai relativi provveditorati agli studi entro il 18 settembre 1999.
Di seguito le modifiche introdotte dalla Corte dei Conti all'OM 153/99:
Art. 2 (requisiti di ammissione), comma 1, punto B
E aggiunto un punto B.4, che recita:
"Limitatamente alle classi di concorso 55/A e 56/A, sono ammessi anche i docenti privi del titolo di studio, ma in possesso del titolo professionale, rispettivamente di brevetto di pilota civile di prima e seconda classe e di capitano di lungo corso (patente), purché abbiano prestato servizio di insegnamento per almeno 360 giorni nel periodo sopraindicato, per indisponibilità di aspiranti in possesso del titolo richiesto."
Si tratta di una misura che consente di sanare la situazione di quesi docenti utilizzati per anni negli istituti tecnici aeronautici e navali e nei professionali per le attività marinare in qualità di esperti per navigazione aerea e navigazione marittima.Art. 3 (istituzione dei corsi), comma 4.
Il primo periodo viene riformulato nel seguente modo:
"Per listruzione secondaria sono istituiti corsi non per singole classi di concorso, bensì per ciascuno dei raggruppamenti organizzativo funzionali in cui vengono comprese le classi di concorso di cui al vigente ordinamento e gli ambiti disciplinari da 1 a 6 (all. n. 1), strutturati secondo le disposizioni di cui al successivo art. 7, comma 3. Il competente provveditore agli studi potrà comunque procedere ad aggregazioni diverse in relazione al numero delle domande di partecipazione pervenute, alle classi di abilitazione richieste e alla disponibilità di docenti da nominare nei corsi medesimi, ai sensi del successivo art. 8 e alle particolari esigenze di carattere logistico- organizzativo."
Si tratta di una riscrittura del testo originario che chiarisce meglio il senso organizzativo e non istituzionale di raggruppamenti organizzativo-funzionali, che per la verità qualche equivoco lo avevano destato.Art. 3 (istituzione dei corsi), comma 6
Viene aggiunto alla fine del comma il seguente periodo:
"Le modalità organizzative di detti corsi (per il personale in servizio o residente allestero, n.d.r.) saranno regolamentate con apposita circolare ministeriale."
La norma riguarda il personale in servizio o residente allestero, per il quale sono comunque previsti vincoli di frequenza.Art. 5 (modalità e termini di presentazione delle domande), comma 1.
Viene modificato il primo periodo:
"La domanda di ammissione alla sessione riservata, redatta in carta semplice, e la relativa eventuale documentazione devono essere presentate agli uffici scolastici indicati al precedente art.2, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di pubblicazione della presente ordinanza nella Gazzetta Ufficiale"
Viene spostato da 30 a 60 giorni dopo la pubblicazione sulla G.U. il termine di presentazione della domanda. Dal momento che lOM dovrebbe essere pubblicata il 20 luglio, il termine sarà il 18 settembre.Art. 7 (contenuti, struttura, modalità di svolgimento dei corsi e durata), comma 11.
Il comma è così modificato:
"Il coordinatore e i docenti del corso dovranno stabilire le modalità di verifica del livello di formazione raggiunto dai corsisti a metà del percorso programmato."
Nella formulazione precedente la verifica di metà corso poteva apparire come una sorta di pre-esame di abilitazione fatto alla stregua dellesame finale: ora si lascia mano libera alle commissioni.Art. 9 (esami finali), comma 1.
E aggiunto a metà del comma il seguente periodo:
"Per i corsisti che si trovino in astensione obbligatoria dal servizio per gravidanza o puerperio o in espletamento di servizio militare, il coordinatore e i docenti potranno assegnare un numero di ore destinato allautoformazione maggiore rispetto a quello previsto allart. 7, ammettendoli agli esami anche con un numero di assenze superiore al limite previsto."
Si tratta di unaggiunta che rende più flessibile la frequenza in caso di gravidanza o puerperio o di servizio di leva, anche se di fatto è lasciata alla discrezione della commissione
Sul tema si veda la rubrica di Educazione&Scuola:
decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258
Riordino del Centro europeo dell'educazione, della biblioteca di
documentazione pedagogica e trasformazione in Fondazione del museo nazionale della scienza
e della tecnica "Leonardo da Vinci", a norma dell'articolo 11 della legge 15
marzo 1999, n. 59
direttiva 19 luglio 1999, n. 180
"Individuazione degli interventi prioritari e criteri generali per la ripartizione
delle somme, le indicazioni sul monitoraggio, il supporto e la valutazione degli
interventi stessi", ai sensi dell'articolo 2 della legge 18 dicembre 1997, n. 440
decreto 19 luglio 1999, n. 179
Sperimentazione dell'Autonomia Scolastica - A.S. 1999-2000
decreto interministeriale 19 luglio 1999, n. 178
Rideterminazione della consistenza numerica del Personale del Comparto
Scuola alla data del 31 dicembre 1999
decreto 16 luglio 1999, n. 176
Cessazione anticipata dal servizio del personale in situazione di esubero
15 luglio Esami di Stato: Primi risultati
Il MPI rende note le prime proiezioni sugli esiti dei nuovi esami di stato realizzate su un campione di circa 72.000 candidati, su un totale di 477.000: promosso il 91,6% dei candidati (94,7% degli esaminati meno il 3,1 % degli esterni fermato agli esami preliminari).
Educazione&Scuola pubblica alcune tabelle comparative con i dati conclusivi degli esami degli anni precedenti (1994-97) e, in maniera più analitica, con i risultati di analoga proiezione, condotta su un campione di 46.343 candidati su un totale di 526.024, nel 1998.
Candidati Promossi per aa.ss.
Anno scolastico | Promossi (%) |
1998/99 | 91,6 |
1997/98 | 94,6 |
1996/97 | 93,8 |
1995/96 | 93,3 |
1994/95 | 94,5 |
1993/94 | 94,9 |
Confronto campioni aa.ss. 1997-98 e 1998-99
A.S. 1997-98 |
A.S. 1998-99 |
||
Tipologia | Promossi (%) | Tipologia | Promossi (%) |
Istituti Statali | 98,9 | Interni
ed Esterni ammessi all'esame |
94,7 |
Istituti non statali | 93 | ||
Privatisti | 56,4 | Privatisti (esame preliminare) |
49,6 |
TOTALE | 94,6 | TOTALE | 91,6 |
Votazioni | % | Votazioni | % |
36/60 | 12,4 | 60/100 | 13,3 |
da 37 a 42 | 32,8 | da 61 a 70 | 29,9 |
da 43 a 48 | 27,1 | da 71 a 80 | 26,8 |
da 49 a 54 | 15,8 | da 81 a 90 | 15,6 |
da 55 a 59 | 6,3 | da 91 a 99 | 8,9 |
60/60 | 5,6 | 100/100 | 5,5 |
Nella rubrica Esami@edscuola.com, a cura di Davide Leccese:
circolare ministero finanze 14 luglio 1999, n. 155/E
Art. 6 Legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5 Legge 13 maggio 1999, n. 133, Decreto
Interministeriale 2 dicembre 1998, n.440. Agevolazioni per l'acquisto di attrezzature
informatiche da parse di università e istituzioni scolastiche
decreto interministeriale 13 luglio 1999, n. 172
Compensi Esami di Stato - Modifiche al Decreto Interministeriale
15 febbraio 1999, n. 41
ordinanza 13 luglio 1999, n. 170
Mobilità del personale non docente di ruolo delle Accademie e dei Conservatori di musica
e del personale A.T.A. dei corrispondenti ruoli provinciali - A.A. 1999/2000
circolare telegrafica 13 luglio 1999, prot. n.4027/BL
Esami di Stato: Compenso forfettario per trasferta di L. 450.000 at componenti esterni
nominati nell'ambito del comune di servizio o di abituale dimora
decreto dirigenziale 13 luglio 1999
Modifiche Bando Concorsi Scuole Materne
decreto dirigenziale 13 luglio 1999
Modifiche Bando Concorsi Scuole Elementari
decreto dirigenziale 12 luglio 1999
Bando Concorsi Scuole Secondarie
09 luglio TFR e Fondo Integrativo
Il 9 luglio il Consiglio dei Ministri esprime parere favorevole al contratto collettivo quadro per l'adeguamento delle norme contrattuali in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti pubblici dei comparti e delle autonome aree di contrattazione, firmato, il 2 giugno us, da ARAN e OOSS: destinati 200 miliardi ai fondi pensione.
Sul tema si veda la rubrica di Educazione&Scuola:
decreto presidente consiglio ministri 8 luglio 1999
Disposizioni di attuazione dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in
materia di fornitura dei libri di testo agli studenti della scuola dell'obbligo e della
scuola secondaria superiore
nota MPI 8 luglio 1999, Prot. n. 40153/BL
Nuovo esame di Stato - Compensi e indennità - Ulteriori Chiarimenti
circolare 8 luglio 1999, n. 167
Decreti 31.3.99 e 1.4.99 - Concorsi a cattedre per esami e titoli e per il conseguimento
dell'abilitazione all'insegnamento - Chiarimenti
07 luglio 1999 Contratto Integrativo concernente le Utilizzazioni e le Assegnazioni Provvisorie del Personale ATA
circolare 6 luglio 1999, n. 164
Attuazione del regolamento C.E. 1606/98. Estensione del sistema di sicurezza
sociale ai regimi speciali dei pubblici dipendenti e del personale assimilato
decreto 6 luglio 1999
Concorso per soli titoli ai fini dell'aggiornamento delle graduatorie
nazionali permanenti, a cattedre di insegnamento ed a posti di accompagnatore al
pianoforte nei Conservatori di musica
nota IEFS 5 luglio 1999, Prot. 4218/A1
Utilizzazione dei docenti delle classi di concorso in esubero ex art. 3 del D.P.R. 9
aprile 1999, n 156. Anno scolastico 1999-2000